Astrologia Previsionale - Astrologia oraria, elettiva, classica e Magia Astrologica
LA TEORIA DEI RAGGI DI AL-KINDI E LA METAFISICA DELL'ADVAITA VEDANTA
Riporto qui di seguito alcuni frammenti tratti dalla prima parte del mio ultimo libro “Astrologia dei raggi. Come i raggi delle stelle creano il mondo”. Il libro è finalmente sbarcato su Amazon. Ma chi acquista qui avrà sconto del 25% e spese di spedizione scontate del 75% fino a fine marzo (a tal fine basta inserire il codice EUROPE75 nel carrello al momento dell’acquisto).
Ho messo insieme questi frammenti perché danno un’idea di alcuni degli argomenti trattati nella prima parte.
“…Sappiamo che per Al-Kindi tutte le cose del mondo si muovono per effetto del moto degli astri, e gli astri agiscono sul mondo tramite i loro raggi luminosi. Ma il sapiente arabo precisa anche che non esistono soltanto i raggi luminosi, ma anche raggi di altra natura. “...il fuoco trasmette ai luoghi vicini i raggi del calore, e la terra quelli del freddo…Anche la collisione dei corpi produce il suono, che a modo suo attraverso i raggi si diffonde dappertutto, ed ogni corpo colorato trasmette i suoi raggi grazie ai quali è visto…”5.
Così come le stelle emettono raggi luminosi, le cose composte da elementi emettono raggi elementali. Anche gli elementi, quindi, hanno un potere causale, che tuttavia è inferiore a quello dei raggi stellari, in quanto deriva da esso. Anzi, per essere più precisi, i raggi elementali non fanno altro che riflettere e ridirigere l’azione dei raggi stellari, e quindi è in realtà soltanto a questi ultimi che spetta il vero potere creativo[1].
…Pur essendo soltanto una delle molte specie di raggi, quelli luminosi fungono in un certo senso da modello per tutti gli altri, e questo sia perché i raggi luminosi sono visibili, sia perché tutte le cose del mondo sono nate per effetto dell’irradiazione stellare, e quindi, essendo composte da raggi, non possono che manifestare la loro natura emettendo a loro volta raggi.
…Possiamo quindi intendere i raggi come mediatori cosmici tramite cui ogni cosa trasmette la sua natura ad altre cose. E’ tramite questo flusso radiale che il mondo celeste e quello degli elementi sono messi in contatto tra loro. I raggi si presentano quindi come una sorta di “ponte” tra le cause e gli effetti, così che il mondo stesso si presenta come un immenso flusso di energie in continua trasformazione. Ma dietro queste sempre mutevoli interazioni prodotte dai raggi che si mescolano e ricombinano variamente tra loro, si nasconde un’unica Realtà. E’ all’interno di questa Cosa Una (per usare l’espressione di Ermete Trismegisto) che avvengono tutte le trasformazioni, e questo “Gioco” rappresenta appunto l’aspetto dinamico di quest’Unica Realtà.
…Un altro punto caratteristico del pensiero di al-Kindi (ma anche di altri pensatori arabi di quei tempi) è quello secondo cui anche i raggi emessi dai composti elementali possono a loro volta agire sui raggi celesti condizionandone l’azione. Più che di una vera e propria gerarchia, possiamo quindi parlare di un dialogo-interazione tra i vari livelli del cosmo. Il fatto che ogni cosa agisce su un’altra ponendosi verso di essa sia come causa che come effetto rende impossibile distinguere gli effetti dalle cause, e ci restituisce una visione molto diversa e ben più complessa di un puro e semplice rapporto di causalità (in cui invece c’è una cosa che agisce e un’altra che subisce gli effetti di quell’azione).
Possiamo immaginare che al-Kindi abbia avuto non pochi problemi per conciliare questa sua visione cosmologica con quella della religione islamica. Pur riconoscendo l’esistenza di Dio, infatti, al-Kindi sembra escludere un suo diretto intervento sul mondo, il cui meccanismo di funzionamento è piuttosto affidato a questa interazione tra energie che è impersonale e che non persegue alcuno scopo. Tutto ciò contrasta nettamente con il finalismo delle religioni monoteiste, secondo le quali non soltanto Dio interviene direttamente sul mondo, ma lo fa anche perseguendo determinati fini.
Un’altra importante conseguenza di questa concezione riguarda la preghiera, la quale assume più un significato magico che religioso[2]: essa, infatti, può essere esaudita soltanto quando è compatibile con l’intera armonia celeste, e in ogni caso essa non si indirizza a Dio (che è totalmente “assente” dal mondo), ma piuttosto mira a intervenire su questo insieme di forze fisiche e metafisiche. Essa ha il potere di indirizzare queste forze nella direzione desiderata, ma ciò potrà accadere soltanto se in quel certo momento o situazione le forze celesti sono tali da assecondare e favorire le intenzioni della preghiera. Quindi, così come per i riti magici, anche per la preghiera bisogna prestare una particolare attenzione alle configurazioni celesti. Se il mago e l’orante possono dirigere le energie cosmiche secondo la loro volontà, è proprio perché esse non hanno in se stesse alcuno scopo.
Abbiamo quindi un meccanismo “impersonale”, in cui il potere causale esercitato da ogni cosa del mondo tramite i suoi raggi non è volto ad alcun obiettivo particolare.
E proprio per questo la visione di al-Kindi si rivela assai vicina a quella indù del mondo come Lila o Gioco Divino, della quale stiamo per parlare.
…Il concetto di Maya può essere messo in relazione con il polo femminile della manifestazione. Etimologicamente è legata alla radice “matr”: misurare, formare, costruire. Molte parole greche e latine sono legate a questa radice: metro, materia, matrix, materiale, Mater. E’ legata anche all’assira Maya (magia). Maya intesa come “proiezione” e arte divina è dunque legata al concetto di Lila, gioco divino, grande teofania, svelamento di Dio in se stesso e da se stesso. Tutti gli attaccamenti, le paure, i sogni, i timori hanno la loro origine in Maya.
I poteri creativi di Maya sembrano sorgere da un’esuberanza o gioia spontanea, senza scopi. Maya opera creando una serie di centri di coscienza non più assoluti, ma limitati, e apparentemente “autonomi”. Per esempio a livello umano questo centro di coscienza che dice “io” è indissolubilmente legato ad un corpo, o meglio alla sensazione (anch’essa illusoria) di trovarsi dentro un corpo. In realtà il fatto che noi ci immedesimiamo con un corpo non significa che la nostra coscienza si trova dentro quel corpo. “Il corpo proprio è la presa di possesso da parte del soggetto di un insieme di determinazioni biologiche e fisiche, che diventano più che sue proprietà, che si amalgamano col suo essere e gli permettono da un lato di agire nel mondo, di far presa sul mondo, ma all'inverso consentono anche al mondo esterno di aver presa sul soggetto, che viene così a trovarsi implicato nell'intera rete delle cause e degli effetti. Di conseguenza il soggetto non si avverte più nella sua assolutezza, ma solo nella sua particolarità, affetto da qualità e da difetti, da una molteplicità di determinazioni, insomma”[3].
…Samkara (nato probabilmente nel 778 d.c.) è considerato da molti il più grande filosofo del Vedanta. Uno dei punti più caratteristici del suo pensiero consiste nella sua definizione della coscienza individuale come flusso di immagini. Secondo questa concezione l’io non è altro che quello stesso trascorrere e fluire di immagini di cui è apparentemente lo spettatore. Non bisogna quindi partire dall’io, ma da questo flusso di immagini: prima ci sono queste rappresentazioni, e poi c’è l’io.
Secondo Samkara l’io non è qualcosa di reale: noi siamo questo fluire di immagini che interpretiamo come “io”, ma questo è già un secondo momento, il primo è quello dell’immagine, e il mondo intero è questo fluire di immagini…
Nella seconda parte dell’opera sono esaminate le applicazioni astrologiche di questi concetti, così da imparare a interpretare i temi natali di individui ed eventi in maniera più impersonale, cioè soprattutto come veicolo di manifestazione non di un illusorio “io”, ma di un Pensiero Divino…
Per leggere introduzione e indice dell'opera cliccate qui
Per eventuali approfondimenti consiglio la lettura di un libro di Pinella Travaglia che mi è stato molto utile per elaborare questi concetti: “Magic, causality and intentionality. The doctrine of rays in Al-Kindi”, nonché dell’ottimo articolo di Giacomo Foglietta e Paolo Taroni dal titolo “Coscienza e Assoluto”, disponibile sul web. Entrambi sono tra le fonti principali del mio libro.
[1] In questa esposizione mi sono rifatto all’ottima esposizione del pensiero di al-Kindi presente nel saggio di Pinella Travaglia: “Magic, Causality and Intentionality. The Doctrine of Rays in Al-Kindi”, Edizioni del Galluzzo, 1999. 7 P. Travaglia, op. cit.
[2] V. P. Travaglia, op. cit.
[3] V. l’articolo “Sankara e il Vedanta” di Michel Hulin disponibile qui http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/vedanta/hulin.htm
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